Noi non contiamo nulla, niente, il cittadino ha pochissime possibilità di farsi sentire, i referendum sono una di queste.
Superare il quorum significava far vedere alla classe politica che ci siamo stufati di vedee sempre loro.
L'Italiano si conosce bene. Nessuno ha votato Berlusconi, eppure lui vince, tutti vogliono cambiare la classe politica ma nessuno vota, eppure chi senti senti è andato alle urne. Quando c'era la DC, nessuno votava DC, ci vergognamo? Si ci dobbiamo vergognare perchè la classe politica che ci rappresenta e governa è la classe politica che ci meritiamo. Il premier ha ragione in tutto e per tutto, fin'ora non ha sbagliato nulla, tanto a noi italiani interessa solo sapere se Berlusconi sta facendo un "festino" a villa Certosa, se poi i politici devastano l'Italia e i manager demoliscono le grandi aziende, non ci importa nulla.
Bravi ITALIANI, continuate a guardare il GRANDE FRATELLO e i vari show televisivi per ignorare la realtà, leggete solo i pettegolezzi dei sui politici e non interessatevi di cosa fanno, almeno ce lo mettono per bene e in silenzio, cosi non sentimao dolore, ci stiamo abituando al dolore.
La cosa peggiore non sono i POLITICI ma gli ITALIANI, i cittadini di una nazione che non è mai sata unita e non lo sarà mai, i fratelli d'Italia... Quali fratelli?
Quanti palermitani si sentono di dire "FRATELLO" a u mlianese, quanti romani sentono la fratellanza con i napoletani, triestini, veneti, piemontesi, lucani?
L'Italia è fatta di Italiani, e siamo un popolo invidiato da tutti per la nostra terra, le nostre menti, le nostre tradizioni, la nostra storia... Ma il nostro futuro?
NON FARE NIENTE VUOL DIRE ACCETTARE LA SITUAZIONE
PER QUELLO CHE E'
VUOL DIRE CHE VI STA BENE COSI
Vi posto l'articolo pubblicato sul TG COM cosi potete leggere per bene i numeri dei votanti, in particolare il fatto che dal 1995 non si raggiunge il quorum nei referendum
Referendum, quorum non raggiunto Maroni rilancia: "Cambierò le regole"
Niente quorum e record negativo di affluenza per i referendum. Al risultato della consultazione, che puntava ad abrogare alcune norme della legge elettorale, ha votato meno di un elettore su quattro e, come da previsioni, la soglia del 50% più uno, necessaria per rendere valido il referendum, non è stata raggiunta.
È stato toccato, invece, un picco negativo: non era mai successo, infatti, nella storia della Repubblica, che un referendum ottenesse un’affluenza così bassa. La Lega esulta. Roberto Maroni, ministro dell’Interno ed esponente leghista, ha già annunciato che proporrà una modifica sulla legge che regola le consultazioni referendarie «per evitare che uno strumento importante di democrazia diretta diventi inutile». Letto in controluce, però, il risultato complessivo riserva delle sorprese. E il primo dato che emerge è che i ballottaggi hanno svolto un effetto-traino sul referendum, al punto che in alcuni importanti centri chiamati al secondo turno delle amministrative il quorum, a livello locale, è stato raggiunto.
L’esito nazionale tuttavia non lascia dubbi. I primi due quesiti, che miravano a eliminare alla Camera e al Senato il premio di maggioranza attribuito alle coalizioni, hanno avuto entrambi una quota di votanti pari al 23,4%. Il terzo, che chiedeva di eliminare la possibilità di candidarsi in più circoscrizioni, è stato il più votato, totalizzando un 24,1%. Nel giugno 2003, per la consultazione sull’articolo 18 e sul reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati, che finora deteneva il record negativo dell’affluenza, aveva votato il 25,5% degli aventi diritto. Del resto è passata da un pezzo la stagione dei grandi referendum che divisero l’Italia su aborto, divorzio, nucleare, finanziamento ai partiti: è dal 1995 che non si raggiunge più il quorum. Nelle pieghe dei numeri, però, emergono anche altri segnali. In generale, dove si votava anche per i ballottaggi, i votanti per il referendum sono stati ben più numerosi, al punto che in molti casi si è raggiunto il quorum. Un dato non trascurabile, se lo si ricollega alle polemiche che si scatenarono attorno alle date in cui collocare il voto.
Alcuni casi appaiono in tal senso emblematici. Prendendo come riferimento il quesito referendario n. 3, il più "gettonato", a Firenze l’affluenza ha raggiunto il 51,7%, a Padova il 54,3%, a Bari il 55,2%. E a Bologna si è sfiorato il 60%. A Torino e Milano, dove si votava per il presidente della Provincia, non si è centrato il quorum, ma la quota di votanti per il referendum è stata comunque più consistente che altrove: 43,6% e 37,3%. A suo modo da record l’esito a Gualdo Tadino: nella cittadina in provincia di Perugia, dove si votava per il sindaco, i votanti al referendum hanno toccato il 64%. Effetto-traino da ballottaggio, quindi. Dove invece si andava alle urne solo per il referendum le percentuali d’affluenza sono state di gran lunga più basse: 18,9% a Roma, 18,6% a Genova, 17,8% a Trieste, 15,4% a Pescara, 11,6% a Napoli, 11,3% a Palermo. Un altro aspetto significativo riguarda lo scarto tra quanti hanno votato per i ballottaggi e quanti per il referendum nelle aree dove la Lega è più forte, e dove quindi l’input lanciato dal Carroccio di non esprimersi al referendum ha fatto più breccia.
Gioisce la Lega Nord. Per il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, «questo referendum era stato concepito per cercare di distruggere la Lega e perciò possiamo dire che è stata una vittoria della Lega». Esulta anche il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, che cassa il «misero fallimento» del referendum e di bocciatura del «bipartitismo». Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, parla di un esito «prevedibile» perchè «i cittadini non sempre comprendono in pieno i quesiti troppo tecnici». «Credo - prosegue il presidente della Camera - che rinunciare a partecipare sia sinonimo di una certa stanchezza nei confronti del dibattito politico, nei confronti del funzionamento della democrazia, e questo ci deve fare riflettere tutti». Anche Vannino Chiti (Pd) plaude al mancato raggiungimento del quorum definendolo «una buona notizia». L’esponente del Pd sottolinea la necessità ora di trovare una ampia intesa in Parlamento per la riforma della legge elettorale.
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